"C'è la bellezza e ci sono gli oppressi.
Per quanto difficile possa essere,
io vorrei essere fedele ad entrambi"
Albert Camus

giovedì 8 novembre 2007

L'amica che non conosco

L@nto, la mia amica che non conosco, assomiglia sempre più al mio amico Gabriele. Ci sono delle somiglianze, nel modo di scrivere, davvero singolari, sembrano l'uno lo specchio dell'altra, stessa prosa, stessa sensibilità per il concetto di memoria.
Sul suo blog (che consiglio di tenere sempre nei propri bookmark), l@nto ha scritto un post meraviglioso, per il suo amato Davide (altra coincidenza singolare), una dichiarazione d'amore così commovente e così vera per la quale ho provato tenerezza e dolce invidia. So che non se la prende se mi permetto di far conoscere a chi frequenta il mio blog, questa delicata intimità.

I love you more… Tutta colpa di una tazza

Alcuni oggetti hanno il potere di fermare il tempo. Da qualche angolo dimenticato della nostra vita rispuntano fuori all’improvviso e ci ricordano di come eravamo la prima volta ce li abbiamo avuti tra le mani, di come sentivamo e vedevamo il mondo. E quando ritornano possono suscitare rimpianto, sollievo o tenerezza. Dipende.

Ieri mattina a casa di Davide, la casa in cui ha vissuto da quando è nato al giorno in cui è venuto a vivere con me, mi sono fermata mentre portavo alle labbra la tazza del te. Sua madre mi ha preparato il te ed è uscita per la messa. Lui e Martina dormivano, quindi ho avuto il tempo di farlo: fermarmi a non far nulla, a pensare. Mi sono fermata perché, mentre la avvicinavo alle labbra, ho letto “I love you more…” e l’ho riconosciuta: la tazza “I love you more…”. Una classica mug, con un faccione d’orsetto sorridente e innamorato che dice:

I love you more than choc chip ice-cream
More than sunny days
More than old photographs
More than calls from old friends

E all’interno della tazza un ultimo, handwritten “I love you more…”, quello che ha richiamato la mia attenzione mentre portavo la tazza alle labbra.

L’ho regalata io a Davide quindici anni fa. Avevo sedici anni e tornavo dal mio primo viaggio da sola: una vacanza-studio di due settimane in Inghilterra.

Stavo con Davide da 10 mesi, ma quello “stare” con Davide significava più che altro scriversi, sentirsi al telefono e sentire la reciproca mancanza per tutto l’inverno. Erano gli inizi della nostra lunghissima, anacronistica, storia d’amore a distanza. Io ero così piccola, e impreparata che avevo sottovalutato quell’amore “estivo”. Ci vedevamo così poco, non sapevo se saremmo arrivati all’estate successiva. Però in Inghilterra ho comprato quella tazza con quell’ingenua, e allora esagerata, dichiarazione d’amore. L’ho comprata perché l’orsetto era così carino, e poi era vero che lo amavo più del gelato con il bastoncino di cioccolato. Ma mi ero chiesta se l’amavo davvero più delle giornate di sole? Più delle vecchie fotografie? Più delle telefonate dai vecchi amici? No. Se me lo fossi chiesta non avrei comprato quella tazza.

Che incosciente sono stata! Se me lo fossi chiesta forse l’avrei chiamato quella sera stessa da lassù per dirgli che era assurdo stare insieme per corrispondenza, che ero troppo giovane, e... e avrei così liquidato l’uomo della mia vita prima ancora che lo diventasse.

Ma, benedetta incoscienza, non me lo sono chiesta. Ho comprato la tazza e basta.

Il resto è stato inevitabile. Lui per i dieci anni successivi, ogni mattina ha appoggiato le labbra su quel "I love you more" e ogni giorno si è aggiunto un "more", and "more" and more and more... e alla fine è successo quello che è successo: l'ho amato più delle giornate di sole. più delle telefonate dei vecchi amici e più di molte altre cose.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Che sorpresa e che effetto leggere le mie parole sul tuo blog. Grazie.

Anonimo ha detto...

io vorrei tanto conoscerlo questo soggetto...
ti adotterei, sai?

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e