"C'è la bellezza e ci sono gli oppressi.
Per quanto difficile possa essere,
io vorrei essere fedele ad entrambi"
Albert Camus

venerdì 8 giugno 2007

Una recensione su Martha memorie di una strega

Giorni strani questi, tra Rocco Buttiglione che implora di poter mangiare il gelato alla bouvette del Senato e l'attesa dei dossier Unipol che dovrebbero inguaiare la sinistra (se Berlusconi difende D'Alema & C. dicendo che "finirà tutto in nulla" dobbiamo "stare" molto preoccupati), mi è arrivato un "Google Alert" con la recensione di Martha sul sito di Cinemavvenire.
L'autore è Francesco Del Grosso che ringrazio per l'acutezza nell'aver saputo interpretare le mie intenzioni. Eccola

"Dura e imponente come le Dolomiti. Dolce e fragile come i sentieri che tagliano l’altopiano dello Sciliar. Martha è lo specchio di una montagna antica. In paese la chiamano "la malattia di Martha". La giovane donna che voleva i pantaloni alla fine troverà la magia. "Sono una strega". E poco importa se qualcuno non ci crede".

Giovanni Calamari spiega così, con queste poche righe, il suo Martha, memorie di una strega, in concorso alla 25ª edizione del Bellaria Film Festival AnteprimaDoc. Il documentario è il viaggio di una donna alla ricerca di un’identità perduta, tra riti, tradizioni e antiche credenze. Ma prima di tutto è un ritratto femminile di straordinaria forza, che scava nella memoria individuale fino a toccare le corde di un’anima la cui unica colpa è stata quella di essersi liberata dalle prigioni mentali che la tenevano in gabbia. La protagonista racconta se stessa, la sua visione delle cose e dei fatti, riavvolge come un nastro la sua vita tormentata e irrequieta, dalle prime ribellioni giovanili fino al breve ricovero in un centro di igiene mentale. Spiega con fierezza il modo in cui è risalita dal baratro, quanto c’è voluto per strappare dalla bocca della gente del paese l’etichetta di strega. Giovanni Calamari la aiuta a scrollarsi di dosso ogni cosa, come fosse un confessore e il documentario diventa uno strumento per rigurgitare addosso a conoscenti e non il suo bisogno di essere viva, di sentirsi veramente libera.

Martha, memorie di una strega è un documentario nel quale le parole quanto le immagini pesano come un macigno sulla coscienza collettiva, bieca e conservatrice. Lo spettatore diventa testimone di una vera e propria confessione: chiara, sincera e spontanea, mai forzata. In tal senso, il prologo è un’autentica dichiarazione di intenti nel quale Martha, guardando direttamente in macchina, ripresa in primo piano largo reclama, avvolta da un buio profondo penetrato solamente da una flebile luce di taglio, la sua innocenza, il suo non essere una strega da mandare al rogo, ma piuttosto una donna con dei poteri particolari da usare a fin di bene.
Questo però sembra non bastare al regista che nel tentativo, a nostro avviso riuscito, di scagionare Martha da tutte le accuse abbandona la protagonista e si avvale delle testimonianze dirette di amici, conoscenti e familiari. In questo modo, Calamari offre al pubblico chiavi di lettura esterne, soggettive quanto quella della protagonista, ma importantissime per avere sguardi differenti e da altre angolazioni sui fatti raccontati dalla diretta interessata, che restano comunque il leit-motiv del documentario.

Martha, memorie di una strega riporta alla mente il prolifico filone antropologico-religioso del Luigi Di Gianni di Magia lucana (1958) e di Il male di San Donato (1965), attualizzandolo e trasportandolo ai giorni nostri. Calamari bandisce il voice over, sceglie un taglio si giornalistico da piccolo schermo, ma nell’accezione più nobile del termine, perché lo stile televisivo presente non diventa qui un limite e le immagine di supporto non appaiono mai come inserti appiccicati qua e là in senso didascalico, al contrario tutto è perfettamente funzionale, parole e immagini viaggiano all’unisono, si supportano a vicenda, dialogano costantemente senza entrare in conflitto. Merito va soprattutto alla regia attenta e precisa, mai invasiva, efficace nelle scelte e puntuale negli interventi; sostenuta dalla bellissima fotografia di Alvise Tedesco e dalla musiche avvolgenti di Alessandro Ponti

Nessun commento: